Ambientato nella Portland degli anni Settanta, il racconto in prospettiva autobiografica (come il romanzo dal quale è tratto) di un giovane proprietario di un negozio di alimentari in un quartiere abitato dagli espatriati messicani. Immerso dal principio alla fine nei chiarouscuri sgranati che donano di certo un'identità stilistica al film, questi vuol essere anche un intervento politico in favore degli immigrati. "Anche": perchè la molla dell'interessamento del protagonista (ed evidentemente del cineasta) rimane quella del desiderio omosessuale.

Dilagante per tutta la durata del film e paradossalmente (in questo l'interesse di un film altrimenti piuttosto monotono e non proprio inedito: si pensi ad esempio a Shirley Clarke e a tutta una parte dell'underground)) a controsenso: poichè sarà il desiderio a rendere schiavo il bianco relativamente benestante dei clandestini. Poveracci, certo, ma più che dominatori per altri versi. Cosi, tutta quell'accentuazione stilistica finisce per rendere il giovane cineasta esordiente del tutto prigioniero di una maniera legata all'epoca. Dalla quale sarà capace di liberarsi solo una volta giunto il tempo dei capolavori.